sabato, luglio 24, 2010

In cammino verso un campo di stelle

Un saluto ai miei sei lettori: sto partendo per Santiago. Avrei voluto scrivere un post sulla cosa ma...

A - non ho fatto in tempo
B - meglio scriverlo DOPO il viaggio un post, solo allora saprò dirvi se questa follia programmata quasi sconsideratamente è stata una buona idea.

Tra una dozzina di giorni ci risentiamo: Buone vacanze a tutti

p.s. per chi volesse leggere qualcosa su questo viaggio sul blog di Francesco può trovare soddisfazione: http://francminardi.spaces.live.com/

lui, non so come, tra i mille preparativi è riuscito anche a trovare il tempo di scrivere.

martedì, luglio 20, 2010

Il paradosso della presunta parentela

Il peso di un nome importante

“Signorina a soli 26 anni possiede un curriculum di tutto rispetto ma mi dica, è parente di Gianluca Nicoletti?”.

I miei colloqui di lavoro 9 volte su 10 si concludono con questa domanda. La risposta è sempre la stessa: no.

C’è una sola situazione in cui io e Gianluca Nicoletti siamo gomito a gomito: l’albo professionisti. L’ordine alfabetico ci ha messo in posizioni adiacenti ma questo non conta ai fini del requisito essenziale (richiesto ma non scritto) di qualsiasi candidatura. Potremmo smaltire molti colloqui di lavoro se per legge si obbligassero i datori di lavoro a inserire la casellina “conoscenze personali” tra “conoscenza della lingua inglese” e “competenze informatiche”. Ma siamo troppo ipocriti per scrivere su un bando “richiesta ottima conoscenza della lingua inglese e almeno buona conoscenza personale”.

A ogni modo, non sono solita mentire, figuriamoci a un colloquio di lavoro. Se poi si tratta di giornalismo è meglio evitare anche per il miglior bugiardo del mondo: primo perché mentire al colloquio per un aspirante giornalista non è un buon biglietto da visita e poi perché in questo settore pare si conoscano tutti… è un attimo e ci si potrebbe sentir rispondere: “Davvero sei parente? Ho incontrato Gianluca Nicoletti proprio ieri all’evento X e non mi ha detto nulla di te, ma ora lo chiamo!”. Sai che figura?

Mi ostino a dire quel no, quel no che ogni volta fa spuntare una grande delusione sul viso del mio esaminatore. Il mio “curriculum di tutto rispetto” improvvisamente sembra non esserlo più.
Mi sono sempre chiesta se il mio curriculum “di tutto rispetto” lo sia davvero e manchi solo quel requisito-essenziale-ma-non-scritto, o se lo sia solo fino a quando rimane vivo nel mio interlocutore il sospetto che io possa essere parente del Nicoletti famoso.

Certe volte penso che sarebbe bello essere parente di quel Gianluca Nicoletti. Altre volte credo di no. Se fossi parente non deluderei ai colloqui ma probabilmente deluderei dopo: difficile essere alla sua altezza. Con un cognome così il rischio è sempre quello di deludere.

Devo cercare di capire come si possa ottenere una possibilità. La possibilità d’esser messi alla prova anche se non si è parenti di nessuno. Se non si è parenti di qualcuno non si ha la possibilità d’esser messi alla prova. Se si ottiene quella possibilità probabilmente non si è all’altezza del proprio predecessore. L’ideale sarebbe un parente famoso ma non bravo. Io non ho manco quello.

Anche se non ho ancora mai ceduto alla tentazione, spesso sono tentata di rispondere che sono parente di un altro Nicoletti, il Nicoletti della banda della Magliana… non sarebbe vera nemmeno questa di parentela, ma nessun potenziale datore di lavoro potrebbe rispondermi “l’ho incontrato ieri all’evento X”. Inoltre dall’espressione del mio esaminatore potrei vedere se il fascino del delinquente vale più o meno di quello del bravo giornalista.

Non dico che uno valga l’altro, ma a volte ho l’impressione che per avere la possibilità di essere messi alla prova basta esser parenti di qualcuno, chiunque esso sia.

mercoledì, luglio 07, 2010

Ciao Niccolò

“Vorrei avere più fortuna che talento”. Un attimo e quel vorrei diventa un “avrei voluto”. Un attimo e quel tuo status è diventato la tua ultima frase su facebook. Un attimo ed è chiaro a tutti che, evidentemente, la vita ti ha dato più talento che fortuna.

Niccolò, non si fa così. Io e te eravamo partiti proprio col piede sbagliato: ti ricordi quando ti litigai perché eri sparito alle 11.30 tra l’altro senza salutare? Il giorno dopo mi rispondesti strafottente che “ti era scaduto il parcheggio”. In pochi mesi hai cambiato atteggiamento. Ieri sei rimasto fino all’una, mi hai chiesto il permesso di scendere a firmare l'uscita e hai detto: “ci vediamo domani”. Ieri hai salutato, ma oggi non sei tornato. Forse ti preferivo strafottente Niccolò, quando andavi via senza salutare però tornavi, allora non eri bugiardo. Ieri lo sei stato.

Niccolò, all’inizio di questo master non facevo altro che rimproverarti. Uscivi prima, andavi e venivi, ti fingevi zoppicante per farti dare passaggi in ascensore dal portiere, ti rifiutavi di fare i compiti che ritenevi noiosi, hai dato del “vecchio” ai prof e quando richiamato hai finto di non ascoltare per poi rispondermi: “Domani vado in barca, vuoi venire?”.

Eri proprio indisponente Niccolò. Talmente impertinente che all’ultima tua bravata non ho potuto far altro che sorridere: litigarti non serviva a nulla. Come potevo non ridere quando mi presentasti la ripresa che mi avevi fatto di nascosto mentre litigavo a un tuo compagno per un ritardo? Avevi l’espressione talmente ragazzina che ho dovuto lasciar correre e dirti: “bravo, questo sì che è stare sulla notizia”.

Forse è una coincidenza ma dopo quel “bravo” detto un po’ per gioco sei cambiato. Non so dove hai nascosto l’irriverenza, ma un giorno sei arrivato perfino a chiedermi se si potevano mettere i bermuda in redazione. Dall’andarsene senza salutare al chiedere il permesso pure per i pantaloni... complimenti per il cambiamento Niccolò! Forse nella vita avevi bisogno solo di un po’ di incoraggiamento per dare il massimo, chissà. Quel che è certo è che il primo servizio che ti fu assegnato lo facesti fare tutto a una tua collega mettendo solo la firma e prendendoti il merito, l’ultimo (dopo quel “bravo”) è tuo: traspare la tua goliardia da quelle immagini.

Bravo Niccolò, devo dirtelo di nuovo, sei migliorato molto in questi tre mesi. Ieri avrei voluto dirtelo ma temevo ti montassi la testa, allora abbiamo parlato d’altro. Io cercavo di farti concentrare sull’audio che dovevi leggere per la radio ma tu niente: pur di non concentrarti ti sei improvvisato latin lover facendomi improbabili proposte di fidanzamento per settembre… con gli occhi azzurri incastonati su quel viso abbronzato sembravi un attore d’altri tempi.

Nonostante la sceneggiata (che aveva fatto sorridere mezza redazione, tecnici compresi) al momento di registrare hai letto inaspettatamente bene. Niccolò, mi dispiace dirtelo ora ma ti ho sgamato anche stavolta: pensavo fossi diventato improvvisamente un genio della dizione invece ho scoperto che avevi provato e riprovato a leggere in bagno quelle righe.

Eri così Niccolò, in studio non ti potevi far vedere di sbagliare, neanche durante una prova. Allora provavi in bagno e venivi già preparato. Eppure come la mascheravi male la tua insicurezza: “Monia, ti siedi vicino a me mentre leggo? Non che mi devi dire se sbaglio ma mi fai compagnia”.

In quello studio, mentre “ti facevo compagnia”, come dici tu, abbiamo parlato di tante cavolate. Dei capelli che ti saresti tagliato a fine luglio per evitare di doverli mettere in mano a qualche barbiere americano “sai, ad Agosto vado a Los Angeles, sto un mese: mica mi posso tagliare i capelli lì! Chissà come c’avrò i capelli a fine luglio, un cespuglio in testa! e tu che fai?”.

Mi metteva in difficoltà dirti che voglio fare il cammino di Santiago de Compostela: uno abituato alle vacanze che fai tu pensavo non avrebbe capito. La tua reazione alla mia risposta è stata un sorpreso “Davvero vai a Santiago?!”…pensavo che al tuo stupore seguisse uno dei tuoi soliti sberleffi invece… “non ci credo: è una cosa che voglio tanto fare anch’io! È solo che non so con chi organizzare, io volevo fare il cammino francese, tu quale fai?”. “Quello Niccolò, non tutto però eh, solo gli ultimi 230 Km…”, “Monia dai, non scherzare, senti: fai tante foto che a settembre le voglio vedere! Dai, ci tengo, falle eh!”.

Niccolò, io le foto le faccio ma… ma ieri sera un attimo ha deciso per te: un attimo ha deciso che non andrai a Santiago chissà quando, che non vedrai le mie foto a settembre, che non andrai a Los Angeles ad Agosto e non ti taglierai nemmeno i capelli a fine luglio.

Giusto ieri avevo capito che la tua era la sfrontatezza dei timidi, non mi hai dato modo di capire altro di te. Peccato Niccolò, mi sarebbe piaciuto avere la possibilità di conoscerti meglio.


p.s. il post che prece questo è nato proprio in seguito alla chiacchierata di ieri con Niccolò. Lui è il primo della lista: “il più spaventoso è solo il più spaventato”. Quando l’ho scritto non potevo sapere che non l’avrei più rivisto

Ode agli incontri

Nella vita ho incontrato tanta gente, oggi una strana chiacchierata mi ha spinto a rivedere col senno di poi alcuni ricordi e ho tirato alcune somme. Ne è venuta fuori una curiosa stima. Il post è dedicato alle persone che ci sono finite dentro, non sono quelle a cui sono più affezionata, né quelle che vedo spesso o che non vedo mai. Semplicemente persone a cui ho pensato oggi, quelle che hanno involontariamente contribuito a farmi maturare la convinzione che le cose possono essere l’opposto di quelle che sembrano.

Il più spaventoso spesso è solo il più spaventato. Il più coraggioso quello che non ha nulla da perdere. Il più strafottente è solo il più fragile.

Il più grande musicista che abbia mai incontrato è un matematico, il più grande matematico un letterato.

Il cristianesimo me lo ha fatto capire un ateo. La persona più capace che abbia mai incontrato è disabile.

La più contesa delle mie amiche ha avuto un solo ragazzo. La più brutta non smette di cambiarne. Il casanova più casanova che si possa immaginare è il più solo dei miei amici.

La coppia più affiatata della comitiva è quella che è scoppiata per prima. Il ragazzo con la più spiccata capacità di comporre le rime che abbia mai conosciuto ha la dislessia.

La più inconcludente delle sue amiche è stata la prima a sposarsi e fare un figlio e, dato che c’era, nel mentre ha scritto un libro.

La migliore delle ballerine che ho incontrato non sogna la Scala ma vuole fare la maestra. Il meno affidabile di tutti i miei amici è quello su cui ho sempre contato.

Il più grande amico non è mio amico. Il più bravo amante non ha mai amato nessuno prima.