mercoledì, gennaio 26, 2011

I miei praticanti

Spesso le persone non capiscono il mio lavoro. C’è chi dice che le scuole di giornalismo sono fabbriche di disoccupati, chi mi dice d’essermi accontentata per soldi, chi (ma questo non me lo dicono in faccia) che se faccio questo lavoro evidentemente è perché non so fare bene il mio di mestiere (che poi sarebbe il giornalista).

Che le scuole di giornalismo siano fabbriche di disoccupati forse è vero ma il mio scopo è preparare dei disoccupati bravi. Prima o poi la crisi del settore dovrà finire e allora saranno i primi a trovare un posto. Lo spero e glielo auguro. A quelli che mi dicono d’essermi accontentata per soldi sono disposta a fornire la mia busta paga: lo stipendio è in linea con tutti i co.co.pro part-time d’Italia. Che io non sappia fare bene il mio mestiere? Spero un giorno di smentire tutti ma per ora non posso che rispondere “può darsi”.

Per me il tutoraggio nella scuola di giornalismo è stato un piano B, lo ammetto, ma adesso lo adoro questo piano B. Non è facile, molti praticanti sono più grandi di me, qualcuno è addirittura sposato eppure…

Eppure esistono i giorni come oggi, i pomeriggi con lo sciopero dei mezzi pubblici che ti tiene a casa. I pomeriggi in cui A. ti chiama più volte entusiasta mentre sta facendo un servizio per dirti orgoglioso chi è riuscito a intervistare, D. ti ringrazia via sms per i consigli e il tempo che gli hai dedicato in mattinata e L. ti scrive su facebook che ammira quello che fai e sa (lui, non io) che un giorno ce la farai.

Ecco, quei pomeriggi vorresti dirgli GRAZIE ai tuoi praticanti perché anche se oggi non hai vinto il Pulitzer e, a dirla tutta, non hai scritto neanche un articolo, andrai a letto davvero contenta e soddisfatta per quello che hai fatto durante la giornata. Qualsiasi cosa sia.


p.s. Dato che lunedì i praticanti partono per gli stage… IN BOCCA AL LUPO a tutti!

martedì, gennaio 25, 2011

L'innominabilità di cobalto e vermiglio

Quando mi chiedono quale sia il mio colore preferito rispondo il blu. In realtà il mio colore preferito è il cobalto. È che la gente ti guarda strano se utilizzi termini inusuali.

Se chiedi a Francesco quale sia il suo colore preferito risponde “il rosso”. Anche lui è impreciso. Credo che anche lui si lasci intimorire dalle facce stranite che i termini inusuali suscitano. Anche a me ha risposto sempre “rosso”. Il risultato è che io non so quale sfumatura preferisce. Anche se lui non me lo ha mai detto non punterei sui toni verso l'amaranto, ma sul vermiglio.
Forse le incomprensioni nascono proprio quando cerchiamo di farci comprendere meglio usando termini comprensibili a tutti. Forse crediamo sia più facile accettare una cosa poco specifica. Forse basterebbe un vocabolario ricco e forbito per stare meglio. Forse dovremmo vietare i mezzi termini. Forse, forse, forse…

Una cosa è certa: il cobalto e il vermiglio stanno bene insieme. Ci sarà un perché se Dio ha deciso di accostarli per tingerci il cielo almeno due volte al giorno.