mercoledì, settembre 16, 2009

Piccoli praticanti allo sbaraglio. Cronaca della simulazione d'esame

Puntata 2. Il ritorno a casa


Franco consegna per primo e (lungimirantissimamente!) decide di non approfittare del passaggio offertogli da Ilario e andarsene subito, a costo di riprendere il treno. Io, Ilario e Pego consegniamo quasi contemporaneamente e aspettiamo la Giovannetti… per un’ora: mentre noi eravamo fuori ignari di cosa accadesse nell’aula e anche un po’ spazientiti dall’attesa, la povera Giovannetti era alle prese con le bizze di windows vista che proprio non ne voleva sapere di salvare il suo elaborato.
Alla sua uscita (ultima a entrare e a uscire) siamo tutti super affamati. Nell’attesa avevamo già programmato il pranzo alla taverna, luogo privilegiato dei nostri pranzi universitari. La Giovannetti se ne esce con una richiesta innocente: “Ilario, mi porti a casa?”. Ilario risponde: “NO Giovannè, ma che sei matta, abiti a Guidonia! Noi c’abbiamo fame! Al massimo ti porto con noi a pranzo in zona università!”. La Giovannetti accomoda la richiesta sfoderando gli occhioni degni del gatto con gli stivali del film Shrek: “vabbè, dai, almeno lasciami a una fermata della metro, così torno a casa con quella!”. Il trattato giunge a un accordo e ci incamminiamo verso la macchina.
I volti distesi di chi si è appena tolto un peso e si dirige verso un bel pranzetto ci rendono molto più umani della mattina al nostro arrivo. Rincontriamo gli atleti: sono stanchi e sudati, presumo anche non proprio profumati di fresco pulito. Trovo la risposta alla domanda della mattina: perché non ho fatto l’atleta? Perché la penna è meno pesante del giavellotto.
Saliamo in macchina. Donne dietro uomini davanti. La cavalleria è morta. Si parte. Senza navigatore. Lo scopo del gioco è orientarsi a Roma.
Dopo due metri siamo già fermi a un semaforo e un dubbio esistenziale ci attanaglia: dritto, destra o sinistra? Ilario fa cenno all’auto accanto: “Scusi, per andare tipo a Flaminio dove vado?”. Sinistra. Ok. Misteriosamente finiamo nella corsia preferenziale degli autobus. Per la prima volta. Il percorso è obbligato dai muretti ai nostri lati e quando usciamo da quella prigione per auto non abbiamo la più pallida idea di dove siamo. Gira che ti rigira, dopo varie peripezie che ci portano a occupare altre due volte le corsie riservate agli autobus sbuchiamo misteriosamente a Flaminio. Siamo nella corsia di centro. Ilario è nel panico: mette la freccia a destra ma le macchine non lo fanno immettere. Ok, riproviamo a sinistra, da qualche parte dovrà pur accostare! Niente, situazione analoga. Trascinati dalla fiumana del traffico romano delle due di pomeriggio ci ritroviamo al muro torto. Impossibilitati dal guard rail arrugginito a fare inversione di marcia (Ilario era determinato a riprovare a fermarsi a Flaminio), andiamo dove ci porta il muro.
Tramite un percorso che non ho capito e quindi non posso spiegarvi sbuchiamo (di nuovo misteriosamente) alla Biblioteca Nazionale. Ilario, dopo aver inveito contro un automobilista che, a sua detta, “lo stava speronando”, si ferma in mezzo strada e invita la Giovannetti a scendere: “Giovannè, facciamo che Castro Pretorio va bene uguale, pigliala qua la metro”. “Sì sì, per me è pure meglio, questa è la linea B, così non devo fare il cambio!”. Presa dalla gioia d’essere riusciti finalmente a fermarci la Giovannetti apre incautamente la portiera, salvandola all’ultimo secondo prima che un autobus se la portasse via. Il ciuffo di Ilario, se possibile, si è fatto ancora più alto: “Giovanèèèè!!!!!”. La poverina ci riprova. Due volte. Poi cede al mio invito di scendere dal mio lato. La portiera posteriore sinistra sentitamente ringrazia.

Siamo rimasti in tre. Da Castro Pretorio all’università è semplice: basta andare a Termini e costeggiare Via Nazionale, ce la possiamo fare. Ce la POTREMMO fare. Se non fosse che quelle maledette corsie preferenziali degli autobus continuano a perseguitarci: siamo di nuovo in trappola.
Ad un certo punto mi sorge un dubbio: “Ilario, ma che è questa luce blu che appare e scompare?”. “Monia – mi ha risposto Ilario come fosse la cosa più normale del mondo – è l’autobus dei pompieri a cui stiamo intralciando il passaggio!”. Ovviamente niente via nazionale. La corsia preferenziale decide che dobbiamo girare. Quando riusciamo a uscirne siamo di nuovo in posto all’apparenza sconosciuto. Ilario continua a ripetere: “tutta colpa della Giovannetti” come fosse una tiritera mistica in grado di tirarci fuori dalla situazione. Io sono troppo occupata a ridere per fare qualsiasi cosa, e Pego continua a suggerire vie sbagliate: “Ilario, secondo me se giri di qui dovremmo scendere e avvicinarci al Lungo Tevere”… sentiamo il Consiglio del Pego.
Mi viene un altro dubbio: “Ilario, secondo te è normale che siamo immersi nel verde a Roma e abbiamo intorno solo autobus e macchine bianche?”. Ilario, sempre come se fosse la cosa più normale del mondo: “Monia, le macchine bianche sono taxi, e stiamo nella Ztl di Villa Borghese!”. Ormai rassegnato all’idea della gita obbligata Ilario rallenta sentenziando filosoficamente: “Almeno godiamoci il panorama! Guarda che bello quello, ma secondo voi è lo zoo o il giardino botanico?”.
Riusciamo a Flaminio: “Oh, Ilario, hai visto che alla fine ce l’abbiamo fatta a rigirarci e arrivare a Flaminio? Certo, c’abbiamo messo un po’, ma le soddisfazioni son soddisfazioni!”. Ilario: “Eh, ma mò dove andiamo? Siamo in balia della corsia preferenziale!”. Riusciamo a uscirne commettendo un’infrazione da 60 punti sulla patente e inizio io a indicare la strada. Imbocchiamo il Lungo Tevere e dopo due giri intorno a Lepanto (ebbene sì, eravamo ricaduti per l’ennesima volta nella corsia degli autobus) riusciamo ad avvicinarci a Castel Sant’Angelo. Ilario continua a dire che non capisce esattamente dove siamo adducendo come giustificazione il fatto che “il Tevere ha troppe anse e non si capisce mai se sei da un lato o dall’altro”, ma alla fine si ritrova e riusciamo a parcheggiare proprio davanti la Lumsa. Ovviamente dopo dieci manovre (presumo sia riuscito a infilare l’auto in un posto lasciato da una smart).
Scendiamo esausti. Il pranzo alla taverna sfumato: ha chiuso. Ilario va a cercare il tagliando per pagare il parcheggio. Il Pego baccaglia con un automobilista che non lo vuole vedere sul marciapiede e lo incita ad attraversare prima che il semaforo ridiventi rosso. Il mondo è un delirio.

Decidiamo d’andare in una pizzeria al taglio. Ovviamente mentre camminiamo ci prende un bel diluvio, che smette appena entriamo nel locale. Mangiamo stanchi morti. Io decido d’andare a casa a riposarmi, il Pego dice che farà lo stesso. Chiediamo a Ilario: "Ilario, tu che fai?", “Eh, mi fermo ancora un po’, ho pagato il parcheggio per 8 ore lo voglio sfruttare appieno!”.

Piccoli praticanti allo sbaraglio. Cronaca della simulazione d'esame

Puntata 1. La mattinata della prova


L’Ordine dei giornalisti, consapevole dell’ignoranza che serpeggia tra le file di praticanti che chiedono d’essere ammessi alla casta (mi viene il dubbio che leggano il mio blog…), in preparazione all’esame organizza dei corsi mirati, uno a Roma e l’altro a Fiuggi.

Oggi è iniziato il corso di Roma. Praticanti di Lumsa News partecipanti all’iniziativa: Franco, la Giovannetti, Ilario, il Pego e me medesima.

L’appuntamento per me Franco, e Pego è all’alba: ore 7.30 stazione Flaminio, destinazione Acqua Acetosa, dove si tiene il corso. In treno si parla delle possibili tracce. Ovviamente alla simulazione d’esame prevista per la giornata di oggi scopriremmo di non averne azzeccata manco una. Che abbiano tenuto le migliori per l’esame reale?

Presi dalla lettura di quotidiani che anziché colmare le lacune ci fanno sorgere altri dubbi (alcuni di tipo esistenziale) scendiamo all’Acqua Acetosa. Usciti dalla stazione davanti a noi si aprono lande desolate. Albeggia. Se non fosse per l’esame che incombe avrebbe potuto essere addirittura poetico. Dove si va? L’unica cosa che si scorge nel nulla è una fermata autobus segnalata da un piccolo cartello in cui non compaiono nemmeno i numeri degli autobus che lì si dovrebbero fermare. È la nostra oasi di salvezza: l’unico punto in cui sono raggruppate poche paia di esseri viventi. Ci avviciniamo con l’intenzione di chiedere informazioni (in fondo chiedere informazioni ad altri è esattamente il mestiere del giornalista!). Mano mano che la luce dell’alba si fa più forte e la distanza che ci divide da quelle persone più breve notiamo un dettaglio: sono tutti stranieri.

Capacità di un bravo giornalista è l’intuizione e la prima ce l’ha il Pego: “Ragazzi, torniamo alla stazione, ci sarà pure un bar a cui chiedere!”. Infondo ci sono sempre bar nelle stazioni. Ma ovviamente ci sono anche le eccezioni alle regole: la stazione Acqua Acetosa è quell’eccezione. Altra intuizione: in una stazione che ferma nel deserto, chi mai sarebbe andato al bar? Anche ammesso che l’avessero costruito in tempi lontani, la struttura è sicuramente fallita per mancanza di clienti.

La seconda intuizione spetta a Franco: “e se fossimo nel posto sbagliato?”. Al comparire del dubbio si materializza anche un signore. Il nostro profeta rende effettiva la nostra preoccupazione: abbiamo sbagliato fermata! Per fortuna che avevamo calcolato gli imprevisti: siamo ancora in tempo per prendere il treno successivo per scendere stavolta nella stazione giusta.

Dopo pochi minuti siamo a destinazione. Più o meno. Siamo a più di mezzo chilometro dalla sede del Coni dove si tiene il corso, ma l’incontro fortuito con dei metalmeccanici che ci confermano che stavolta siamo nel posto giusto ci rassicura e ci dà forza.

Arrivati al Coni un dubbio mi assale (e credo abbia assalito pure gli altri ma nessuno ha detto niente): perché non ho fatto la pallavolista, la calciatrice, la tuffatrice o qualsiasi altro mestiere inerente lo sport? Chi è lì per il corso dell’ordine si riconosce subito: i praticanti sono già stanchi dopo mezzo chilometro a piedi in cui hanno dovuto portarsi il computer portatile necessario alla prova, hanno i volti contratti dalla preoccupazione, coloriti tendenti al grigio e fisici non proprio longilinei. Al loro fianco vedono sfilare ragazzi e ragazze pimpanti, dai volti sorridenti, in comodissime tute colorate e con fisici scolpiti. Insomma, più belli. Per strada mi consolo cercando di convincermi d’essere almeno più acculturata. Nonostante riesca nell’iniziativa la prova d’esamedi lì a mezz’ora mi dimostrerà quanto ho ancora da imparare.

Comunque, per la legge matematica secondo cui il doppio errore potrebbe annullarsi, nonostante avessimo sbagliato fermata, siamo arrivati in anticipo: avevamo sbagliato anche a calcolare il margine di anticipo, cosa che ci ha offerto una ricca colazione al bar del Coni. Ilario, arrivato in macchina perché in questi giorni si sta ritrasferendo a Roma, e arrivato ancor più in anticipo di noi, aveva già scelto il posto. Io, Franco e Pego ci sistemiamo accanto a lui. L’unione fa la forza.

Ultima ad arrivare una signorina bionda dall’aria svagata che cerca spaurita un posto tra i banchi rimasti. La bellezza attira gli sguardi dei ragazzi che la guardano molto incuriositi. La guardo meglio anch’io: è la Giovanetti! Parte Ilario: “Giovannè, Giovannè, vieni qua, siediti con noi!”, parte la fila di “Ciao”, “come stai”, “quanto tempo”, “che hai fatto questa estate” ecc. ecc. che in pochi secondi trasforma il nostro angolo in un gallinaio di tutto rispetto. Gli altri (nessuno proveniente dalle scuole, presumo) ci fissano, non saprei dire se infastiditi dal nostro chiacchiericcio o leggermente gelosi della nostra situazione.

La squadra è al completo, la formazione pure: in campo il 3 + 2. Davanti il Pego, Ilario e la Giovanetti, dietro io e Franco. La squadra promette bene: i quiz sono il frutto dell’operato collettivo. Errori compresi. Il brusio prodotto da noi si ferma solo al momento della sintesi (lì ce la caviamo bene anche da soli), ma riprende a singhiozzo durante l’analisi. Ognuno ha scelto un argomento diverso ma non sembra in grado di svolgere al meglio il proprio compito senza l’aiuto degli altri per qualche dato che sfugge sempre al momento di scrivere. Così ogni piccolo dubbio di ciascuno è destinato a trasformarsi in una riunione di condominio in cui a votazione si decide, se la data del determinato evento è proprio quella, quale sia il numero di morti causato dall’influenza o se quella determinata frase suoni meglio di un’altra.

(to be continued)

lunedì, settembre 07, 2009

Jean Valjean e Monsignor Myriel, lezione da Vistor Hugo...cartonizzato!

Non mi sono messa a vedere i cartoni animati, semplicemente non ho trovato di meglio. Cercavo questa pagina de "I miserabili" di Victor Hugo in forma scritta ma non l'ho trovata. Ho ripiegato quindi su Youtube alla ricerca del film con Gerard Depardieu, ma neanche lì ho trovato la scena... alla fine mi sono dovuta "accontentare" di questo cartone.

Cercavo appositamente questa scena per il mio amico Alberto che credo coglierà nei primi quattro minuti di questo video il senso di cosa voglio dirgli. Ovviamente il mio blog non è per messaggi personali, se ho deciso di pubblicare questo spezzone è perchè credo che sia una lezione per ciascuno di noi... ho sempre creduto che la pagina de "I Miserabili" che racconta questa breve vicenda di Jean Valjean fosse una lezione di vita per tutti, oggi mi è stata data l'occasione di riproporla. 4 minuti, solo 4 minuti per avere un bel messaggio. Ahimè, da un cartone, ma di meglio proprio non ho potuto fare. Spero vogliate apprezzare il tentativo.

sabato, settembre 05, 2009

Preparazione esame di stato

Il rientro al Lumsa News quest'anno è stato meno traumatico del solito: i vari praticanti stanno rientrando a scaglioni, i primi giorni siamo stati in pochi e il lavoro non ha avuto i soliti ritmi frenetici (che si presume riprenderanno già da lunedì prossimo).

Questo ci ha dato modo e tempo di pensare all'esame di stato che incombe ma non troppo (per la cronaca: avremmo dovuto avere gli scritti a ottobre, ma per un problema burocratico siamo stati spostati alla sessione successiva....a data da destinarsi!).

Tra le idee stramapalate che ci sono venute in mente, c'è stata quella di provare a fare i test a risposta breve degli esami degli anni passati. Diciamo che in sette, ognuno dicendo la sua, siamo riusciti a risolvere quesiti quali "Quali sono i paesi che partecipano al G8" e "Quorum e Referendum".

Il quesito che ci ha fatto più discutere è stato: "Differenza tra navetta e navicella". Dopo un'oretta di accapigliamenti vari su leggi fisiche e aerospaziali che ognuno di noi andava a cercare nei meandri liceali del cervello, abbiamo deciso che la risposta data da Giulia era quella esatta: la navetta è quella che all'aereoporto porta i passegeri fino all'aereo, la navicella è quella spaziale... alle volte chiamata impropriamente navetta.

Questa era la nostra disposta definitiva, l'abbiamo accesa e abbiamo controllato la soluzione. Immaginate la soddisfazione generale nel leggere quanto segue:

"Si definisce navetta il passaggio di un progetto di legge reiterato da una Camera all'altra che può avvalersi di una procedura semplificata. Si chiama invece navicella, l'annuario del parlamento italiano".

Mai come ora verrebbe da chiedersi: riusciranno i nostri eroi a farla franca?