lunedì, aprile 20, 2009

Washington Dc, seconda puntata: il party americano




Seconda questione da affrontare: il party. Allegato alla mia lettera di benvenuto (una lettera che spiega lo scopo di Ish, la casa internazionale dello studente di Washington, e che contiene tutte le informazioni utili da come si usa il telefono a quali sono gli orari di pranzo e cena) c’era un invito a un party: lo spring farewell dinner.

Da mezz’ora a Washington e avevo già un invito a un party per la sera successiva. Un bel problema da risolvere: anche ammesso che mi fossi ripresa dal jet leg, che si fa a un party del genere? e con chi ci vado? Non conosco nessuno! Non solo…era un’americanata del tipo “festa del diploma” che solo in America si fanno. Sull’invito c’era scritto che l’abbigliamento doveva essere “formal”, uniche eccezioni ammesse gli abiti tradizionali.

Stasera il dramma: alle 6 dovevo essere in giardino per l’aperitivo. Delle tre mie compagne di stanza una era malata e mi ha detto che se fosse venuta sarebbe venuta tardi direttamente per la cena, delle altre due nessuna traccia. Ieri avevano sottoscritto con me la presenza alla festa, quindi…le ho aspettate fino all’ultimo. Mi vestivo e pensavo “fa che arrivino, fa che arrivino”… non volevo andare da sola in mezzo a un mondo di 300 sconosciuti tutti acchittati a festa! Eppure l’ho fatto. Di loro non c’era traccia e così ho deciso di scendere in giardino.

C’era un tavolo con tartine e champagne e non sapendo a chi rivolgere parola ho pensato che andare al tavolo poteva essere una buona idea. Prendo una tartina dal gusto non identificato e un bicchiere di champagne. Dopo 5 minuti il primo amico: un indiano dal nome impronunciabile che quando ha capito che ero italiana si è volatilizzato (se qualcuno sa spiegarmi perché mi fa un favore). Bene, ero di nuovo sola come un gambo di sedano col mio bicchiere di champagne in mano in mezzo a sconosciuti che saltellavano tutti contenti dall’uno all’altro per salutarsi rumorosamente.

Doveva essere proprio evidente il mio imbarazzo perchè a un certo punto si è avvicinata la preside, una donna che non saprei descrivere… diciamo che sembra la versione femminile di Silente, il preside di Hogwarts, sia fisicamente che caratterialemente…ma come poteva essere altrimenti? Se la scuola sembra essere quella di Harry Potter anche la preside doveva avere qualcosa di simile. Comunque si avvicina e mi dice di non preoccuparmi che è normale il secondo giorno non conoscere nessuno ma che tutti presto mi diventeranno familiari e che avevo fatto bene ad andare alla festa perché era appunto una buona occasione di conoscere le persone. Strano ma non mi sono sembrate parole retoriche. Un secondo dopo eravamo tutti in posa per la foto di rito… io e tanti sconosciuti intorno e me... una sensazione stranissima.

Mi avvicino a una ragazza cinese che ieri mi aveva spiegato dove comprare l’acqua, la saluto. Dopo un minuto capisco che non posso appiccicarmigli tutta la serata com’era mia intenzione (solitamente ‘ste cose non le faccio, ma la situazione era disperata!) perché c’è uno che le fa il filo. In compenso però con lei c’erano due ragazze africane che mi prendono subito in simpatia a causa di una gaffe: una è Sud Africana e l’altra del Ghini… io capisco “Gana” e inizia una comunicazione surreale che però mi salva la vita: saliamo insieme fino alla sala del ricevimento (altro che quella di Harry Potter…voi non avete idea di cosa sono tavole imbandite per 300 persone in una struttura di legno in vecchio stile europeo con lamapadari da ballo delle debuttanti e argenteria varia… appena si è aperta la porta, essendo io tra i primi ad entrare mi si è aperto davanti agli occhi uno spettacolo da favola), e così finiamo sedute vicino. Bene, ho qualcuno con cui parlare.

Stupendo, arrivano varie portate e tutti mi chiedono che faccio qui. Sono davvero interessati. Fatico molto a parlare in inglese ma ci riesco. Gli racconto del mio stage, parliamo del giornalismo e, inevitabilmente si finisce alla storia dei rifiuti a Napoli perché, a quanto pare qui c’era una ragazza di Napoli qualche mese fa… gli ho spiegato della mafia e del lavoro che lo Stato sta facendo per combatterla. Una bella discussione. Nabuela ( o qualcosa del genere che proprio non ricordo) mi ha raccontato della sua vita: è in America per studiare legge, è qui da diverso tempo, non ho capito bene quanto e da sei anni non vede i genitori che vengono a trovarla il mese prossimo (era così felice nel dirlo che non potevo non riportarlo!). L’altra (della quale il nome proprio non me lo ricordo) studia per diventare diplomatica…sa tre lingue e mi ha chiesto di insegnargli qualcosa di italiano…dopo due minuti sapeva tutti i saluti, sapeva dire “voglio imparare l’Italiano”, “voglio andare in Italia” e “gettare gettone nella Fontana di Trevi”. Faceva morir dal ridere… non so se era brava l’alunna o l’insegnante (credo più la prima) ma ha imparato davvero alla svelta.

Le portate della cena continuavano ad arrivare finchè la preside non ha richiesto il silenzio per fare lei un discorso. Un discorso bellissimo: un saluto a tutti quelli che stanno partendo con la fine del semestre universitario, ragazzi che sono stati qui per sei mesi, un anno o più. Diceva che a casa li avrebbero trovati cresciuti al loro rientro, e che l’esperienza qui li avrebbe segnati per tutta la vita, che il fatto di esserci già ci denota come persone migliori di molte altre. Un discorso in tutto e per tutto simili a quelli di Silente. Comunque ci tengo a precisare che io non mi sento migliore di nessuno al momento, ma spero tra due mesi d’essere migliore di me stessa adesso. Finito il discorso Jonatan (una ragazzo che lavora a Ish ma non ho ben capito cosa faccia) ha fatto partire un filmato: c’erano tutte le foto dei ragazzi che si erano succeduti durante l’anno… c’era il natale, la neve, la gita al mare, la passeggiata alla casa bianca e varie feste. Ogni tanto si sollevano delle risate. Alcune foto erano oggettivamente buffe e ridevo anch’io altre io non potevo capirle…chissà perché ridevano, c’era sicuramente legato qualche ricordo che io ignoravo, che non potevo sapere… per un attimo li ho invidiati: volevo ridere anch’io di quei ricordi. Voglio fare mio il discorso della preside…voglio un giorno ridere anch’io delle foto scattate stasera e non perché facciano ridere ma perché ho un ricordo legato ad esse, un ricordo che solo io posso cogliere sullo sfondo.

Un ricordo di Jonathan che gira tra i tavoli col microfono per portarlo alle persone che la settimana prossima vanno via e permettergli di salutare gli altri. Il ricordo di lui che chiede: “C’è qualcuno appena arrivato?”, il ricordo di me che faccio la vaga e dei ragazzi al mio tavolo che strillavano indicandomi. Il ricordo del discorso meno sensato del mondo in cui ho detto solo quello che l’emozione mi dettava in quel momento: che volevo fare mio il discorso della preside e che speravo Ish mi desse un’opportunità di crescita personale. Ho salutato tutti precisando che molti di loro li avevo conosciuti in questi giorni e che potevo riconoscere i loro visi ma che dovevano portare pazienza perché non ricordo neanche un nome. Si sono messi tutti a ridere. Speravo che qualcuno mi interrompesse perché visibilmente emozionata non sapevo più cosa dire. È intervenuto Jonathan facendomi notare che non avevo detto il mio nome e nemmeno da dove venivo. Alla parola “Italy” s’è scatenato il putiferio: alla faccia di tutti gli italiani che si stanno sempre a lamentare del nostro paese qui ci ammirano e io sono fiera d’essere italiana…lo sono sempre stata, ma oggi di più… se non altro per l’applauso che m’ha procurato il solo pronunciare la parola “Italy”. Finito il discorso è arrivata la cheese-cake…una cosa favolosa: peccato non averla in europa.

Finita la cena c’era la serata danzante ma non sono rimasta: non solo mi devo ancora riprendere dal fuso orario ma domani ho il mio primo giorno di lavoro all’Ansa e mi devo alzare presto. Dico questa cosa per salutare e succede una cosa strana: non mi lasciano andare finchè non ho fatto le foto con le persone con cui ero al tavolo. L’America è strana: un’ora di conversazione e tutti ci tengono ad avermi nei loro ricordi ben stampata su una foto. Domani devo cercare di recuperarle perché, come un’idiota, non mi sono portata la mia macchinetta!

Ho passato una serata da favola. Credevo certe cose succedessero solo nei film, invece… invece ognuno è regista della propria vita e aver deciso di vivere quest’esperienza sembra promettere bene per un’eccellente puntata della Monia’s life.

3 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

da commuoversi...

9:58 PM

 
Anonymous Anonimo ha detto...

chi è anonimo??

comunque è vero....emozionante..commovente...
quanto vorrei essere li...

e quanto sono FELICE per te...

già ti adorano..

:''-)

love

10:20 PM

 
Blogger Monia ha detto...

non credo mi adorino... credo che gli sto un pò simpatica!...o forse gli faccio pena che con l'inglese sono una frana... già fanno l'imitazione del mio "tipical Italian accent"!!... devo sopravvivere due mesi.... passo dai momenti di sconforto a quelli di euforia... credo sia il delirio dei primi giorni.

p.s. non so chi sia l'anonimo...ma va bene: mi piace l'idea che chiunque possa commentare ciò che scrivo... :)

10:46 PM

 

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