martedì, novembre 27, 2007

Fellini oniricon: il libro dei miei sogni



“Segnacci, appunti affrettati e sgrammaticati”, così l’autore stesso definiva quello che oggi è un volume da 300 euro a copia.
Si intitola “Il libro dei sogni”, ed è un diario tenuto da Federico Fellini dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90, in cui il grande regista sotto forma di disegni ha appuntato, sogni e incubi notturni. 400 pagine straordinarie da cui rivivono in una luce nuova spunti dei suoi film, persone da lui incontrate, personaggi e avvenimenti dell’Italia dell’ultimo secolo.
Documento inedito, che probabilmente l’autore avrebbe creduto rimanesse tale, il diario (dal 17 ottobre in vendita in libreria) è stato protagonista della mostra Fellini Oniricon all’Auditorium Parco della Musica nel più ampio contesto della Festa del Cinema di Roma.
L’esposizione, a cura di Tullio Kezich (biografo di Fellini per antonomasia) e Vittorio Boarini (direttore della Fondazione Fellini), vuole dare a tutti il “privilegio di venire ammessi alla contemplazione del mondo interiore di un tale artista”, ed è davvero un privilegio muoversi tra quello che Fellini stesso definisce il suo “lavoro notturno”: attraverso i disegni si conosce la parte più intima e privata del regista, le sue paure, i suoi pensieri, i ricordi, gli affetti e persino le antipatie. Soprattutto si vede la stretta relazione che collega il suo cinema al mondo onirico.
Anche se Fellini non ha mai fatto un film composto interamente con sogni ( a differenza di suoi amici come Kurosawa in “Dreams” e Dalì in “Il cane andaluso”) nelle sue pellicole tratta spesso la realtà come sognata: “8 e mezzo” (1963) si apre con il vero e proprio incubo di ritrovarsi in un ingorgo automobilistico, “Le tentazioni del Dott. Antonio” (1962) è basata sull’ossessione del censore sessuofobo che vede scendere la diva Anita in carne e ossa da un cartellone pubblicitario, “Giulietta degli Spiriti” (1965) intreccia le fantasticherie di una moglie con la monotonia della vita coniugale, infine “Il Casanova” (1976) si conclude con il vecchio seduttore che dopo aver detto “Ho fatto un…” si aggira ringiovanito in una gelida Venezia. Ma se tutti questi film hanno solo un indiretto riferimento al diario, l’ultimo lavoro girato da Fellini è stata la campagna pubblicitaria della Banca di Roma: tre spot ritagliati direttamente dal “libro dei sogni” con un Paolo Villaggio bloccato al volante in una galleria che crolla, alle prese con un leone che piange impegnato a mangiare sui binari mentre sta arrivando un treno. “Se togli il sogno dalla filmografia del Maestro ne hai cancellato la parte più caratteristica e personale”, afferma Kezich a proposito.
Ma, benché ne costituisca la parte principale, l’oggetto dei suoi sogni non è solo il cinema. Rivivono in tratti di colore netti e decisi il travagliato rapporto col padre Urbano, quello con la città natale (Rimini), e il ricordo di profonde amicizie finite per incompatibilità caratteriali: tra queste Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Ennio Flaiano, Piero Ghepardi e Danilo Donati.
Dalla penna del regista escono disegni che somigliano a vignette, da Pablo Picasso a Giorgio Strehler, da Orson Welles a Salvator Dalì, da Eduardo a Totò, da Vittorio De Sica a Dario Fo, da Kennedy a Moro, da Craxi a Sofia Loren, da Giovanni Agnelli sequestrato dal bandito Vallanzasca a Sergio Zavoli (suo amico e presentatore della mostra). Non c’è personaggio che Fellini non abbia conosciuto, sognato e ritratto in questo diario. Impossibile citare la lista completa di visi da lui scarabocchiati: conta più di cento nomi.
Come dire che non ci sia personaggio del ‘900 che non sia stato ritratto dalla mente e dalla penna felliniana.

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Thanks for writing this.

4:23 AM

 

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